San Calogero: patrono di Agrigento. (II parte)

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Un'altra usanza era I' offerta di sacchi di frumento e di oggetti di cera a forma di membra umane, o anche l'osservazione da parte dei più devoti di un digiuno durante il quale si mangiava soltanto ciò che si riceveva in elemosina: "u dijuno addumannatu".
Ad una settimana dalla grande festa, alcuni percorrevano le strade del paese con i tamburi per suonare la diana, dandosi appuntamento davanti alla chiesa dove, una volta dispostisi a cerchio, davano inizio alla "tammuriata di san Calò". AI centro del cerchio si trovava il capo tamburo che aveva il compito di dirigere gli altri tammurinari in una gara di abilità.
Il trasporto della statua si svolge domenica mattina; il privilegio di trasportarla, durante la processione, si trasmette di padre in figlio; ai portatori, comunque, viene dato il cambio, dopo le soste del simulacro del santo, effettuate per consentire alla folla dei fedeli di toccarlo o baciarlo e per chiedere in raccoglimento una grazia, avvicinando alla statua i propri bambini, che vengono spogliati dei loro abiti.
AI passaggio della vara i fedeli lanciano dai balconi piccole forme di pane precedentemente benedette, i "muffuletti", pani votivi raccolti e conservati come pegno di abbondanza e di protezione da parte del santo. La festa si conclude la domenica successiva con la sfilata dei cavalli e dei muli parati, finalizzata in passato a portare le offerte in natura, a ringraziare e a propiziare un buon raccolto. Il culto di san Calogero è diffuso anche ad Aragona, dove ritroviamo l'usanza di preparare per la sua festa dei pani devozionali, che verranno offerti alla folla durante la processione, dopo essere stati benedetti; il santo è anche il patrono di Naro dove viene celebrato con tre processione dal 17 al 19 giugno e dove la devozione ebbe origine in seguito ad un miracolo compiuto in occasione della peste del 1626, quando egli apparve a una suora annunciandole la cessazione del terribile flagello.

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