La moneta presso i popoli primitivi (III parte)

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L'alterazione citata era «involontaria», nel senso che, in genere, nella moneta antica essa era solo raramente effettuata con l'intento della falsificazione; non mancavano, infatti casi di vera e propria frode monetaria. La frode consisteva nel creare le monete utilizzando un'anima metallica di infimo valore (ferro, stagno, ecc. ) e ricoprendole di metallo prezioso ( oro o argento ), così da apparire uguali alle monete coniate in oro o argento (si otteneva quella che viene detta "moneta suberata"). Tale operazione potrebbe sembrare opera di persone poco affidabili, ma in realtà spesso erano gli stessi governi a ricorrere alla falsificazione per far fronte ai periodi di bisogno e difficoltà finanziarie. Fu con la legge di Livio Druso, del 91 nel periodo repubblicano a Roma, che la moneta suberata divenne legale; infatti tale legge impose che in sede di coniazione dell'argento, un ottavo dovesse essere di monete suberate: ciò decretò, in qualche modo, l'inizio della teoria della moneta con valore nominale.
Il primo popolo a conferire alla moneta il carattere di intermediaria degli scambi fu quello greco, che tramite la moneta rappresentò il valore dei beni-oggetto di transazione. A differenza delle altre, la moneta greca è sempre stata di ottima qualità, in metallo puro e di conseguenza sempre con corrispondenza tra il valore nominale e quello reale.

Il fatto che non tutti i popoli, o imperi utilizzassero una moneta pura, determinò, non appena si incrementarono i rapporti commerciali i primi problemi di coesistenza tra questi, dato che si rischiava di screditare il valore della moneta e di non garantire un'equa qualità degli scambi.

L' ordine ritornò con Roma che seguì la tradizione greca della coniazione in metallo puro. Con la legge Silla, che prescinde dal valore intrinseco di essa, la moneta diventa segno del valore. Circolavano monete di tre tipi di metallo: in oro, in argento e in bronzo.
Il problema, come al solito, era stabilire una corrispondenza tra i diversi tipi; tra argento e bronzo, dato il basso utilizzo di quest'ultimo, la determinazione di un rapporto equo non creò grandi problemi, al contrario, i rapporti tra oro e argento destarono grande preoccupazione delle autorità, sia dal punto di vista del valore intrinseco della moneta che di quello nominale. Furono considerati prinicipalmente due sistemi. Il primo si fondava sulle abitudini commerciali prevalenti dell'Asia Minore, dove partendo dal valore dei due metalli, si tagliava prima l'unità in oro e successivamente il corrispondente in moneta d'argento; il rapporto che si stabilì fu di 1 a 20 e si diffuse nella Lidia, nelle città dell'Asia Minore e nell'impero degli Achemenidi.


Il sistema risultò abbastanza agevole per le piccole transazioni, ma meno adeguato in caso di mutazioni dei valori dei metalli sul mercato.Il secondo, adottato dagli ateniesi, aveva alla base di tutto l'utilizzo dell'argento; l'oro non veniva coniato ed era utilizzato in sbarre inoltre le rare volte in cui era usato era lo Stato ha garantire il peso e la lega.
Tale sistema venne impiegato da Alessandro Magno, tanto che le sue monete ebbero il più vasto corso nello spazio e nel tempo, solo in occasioni speciali i romani coniarono l'oro, anche se i grandi affari erano regolati in lingotti.
In seguito, con l'imperatore Augusto si ritornò ad adoperare un sistema bimetallico con un rapporto fisso tra oro e argento, accettato e continuato da Nerone. Solo successivamente, con la svalutazione della moneta argentea, fu favorita la coniazione aurea.

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