La Sicilia e la mafia (parte 2)

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Nonostante le leggende gli Spagnoli possedevano già nel secolo XV le loro onorate società chiamate «Società degli uomini d' onore». In Sicilia, questa società segreta importata dagli Spagnoli ebbe pieno sviluppo, essa rappresentava il mezzo con cui le classi subalterne potevano difendersi dalle soverchierie dei potenti, con punizioni immediate, esemplari e plateali; era come ha scritto i sociologo siciliano Napoleone Colajanni, nel suo libro La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi "l'unico mezzo per gli umili, pei poveri e pei lavoratori, di essere temuti e rispettati".
Il recente sviluppo storico della mafia siciliana -ben diversa da quella originaria -passa per tre stadi ben definiti: la mafia rurale ( 1860-1946), quella cittadina (1946-1977) e quella internazionale (dal 1977 in poi).
Il periodo rurale della mafia siciliana è caratterizzato dall' assassinio politico del gen. garibaldino Giovanni Corrao, oppositore del governo, avvenuto a Palermo il 3 agosto 1863; e da quello dell'ex direttore generale del Banco di Sicilia, comm. Emanuele Notarbartolo, avvenuto in treno presso Palermo il primo febbraio 1893: onde il 23 novembre 1899 il coraggioso deputato catanese Giuseppe De Felice denunciava pubblicamente, in un suo discorso alla Camera, che «la mafia non è la vergogna della Sicilia, ma del Governo che la mantiene»; e nel 1913 il sociologo siciliano Giuseppe Bruccoleri nel suo libro La Sicilia d' oggi accusava di «manutengolismo» l'allora Presidente del Consiglio on. Giovanni Giolitti; e quando nel 1924 Mussolini visitò come Capo del Governo la Sicilia, la mafia era divenuta così tracotante, che il sindaco mafioso di Piana degli Albanesi (Pa), Francesco Cuccia, lo rimproverò di essersi fatto scortare dalla polizia, dicendogli: «Voscenza [forma siciliana per «Vostra Eccellenza» ] non ha bisogno di tutti questi sbirri: non ha niente da temere, finche sarà in mia compagnia!».La propaganda fascista si vantò poi di aver debellato la mafia, mediante la dura repressione operata dal prefetto Cesare Mori dal 1926 al 1928. Il fascismo però sconfisse soltanto la manovalanza mafiosa (i cosiddetti «scassapagghiara»), non ne distrusse l'organizzazione: nel 1935 fu scoperta a Cattolica Eraclea una «cosca» composta da 245 elementi: e nel 1937 ne fu scoperta una seconda, composta da 211 mafiosi, operanti fra Favara e Palma di Montechiaro, sempre in provincia di Agrigento.

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