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Marte : una tenue atmosfera
I cultori del «Terraforming»
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La missione "Mars Pathfinger"
Le missioni marziane

Cambiamenti climatici globali su Marte

Il <<Pianeta rosso>>, oggi caratterizzato da temperature superficiali molto basse, potrebbe in passato avere goduto di condizioni climatiche più miti , e quindi favorevoli allo svilupoo della vita.

Le recenti notizie fanno ripensare a Percival Lowell, noto astronomo americano dell'inizio del secolo che puntò il proprio telescopio verso Marte e credette di scorgere una vasta rete di canali bordati da vegetazione. La sua idea che Marte ospitasse un tale rigoglio condusse molti a credere che la superficie del pianeta godesse di condizioni non molto diverse da quelle terrestri. Ma negli anni Sessanta tre sonde Mariner effettuarono passaggi ravvicinati su Marte, rivelandone la totale aridità.

Le osservaszioni di quelle sonde hanno indicato che Marte ha un'atmosfera rarefatta, fredda e secca. Questo tenue velo, composto quasi interamente da anidride carbonica, genera in superficie meno dell'1 per cento della pressione che sulla Terra si misura al livello del mare.

Le immagini mostravano solo una superficie di tipo lunare, coperta da crateri. Gli scienziati accantonarono rapidamente ogni idea di una superficie marziana calda o umida a sufficienza da sostenere forme di vita.

Con la sua distanza dal Sole pari ad una volta e mezzo quella della Terra e la sua tenue atmosfera, Marte sperimenta condizioni decisamente rigide.

Sebbene l'atmosfera di Marte contenga un piccolo quantitativo d'acqua e talvolta si possono formare nubi di ghiaccio d'acqua, i fenomeni atmosferici si riducono a tempeste di polvere e nevicate di anidride carbonica, Ogni inverno, per esempio, su uno dei poli infuriano tempeste di neve carbonica e si accumulano alcuni metri di ghiaccio secco: più o meno quanti ne sono evaporati al polo opposto. Ma anche al polo che si trova nella stagione estiva, dove il Sole splende nel cielo per tutta la durata del giorno, le temperature non salgono mai abbastanza da permettere la fusione del ghiaccio di acqua.

Benché queste condizioni fredde e aride siano documentate in modo inequivocabile, l'idea di Marte come mondo perpetuamente congelato è andata via via perdendo credito da quando le sonde Mariner hanno inviato i primi dati. I planetologi, che continuano a esaminare la mole di dati fornita dalle missioni Mariner e dalle successive Viking degli anni settanta, ora si rendono conto che Marte ha avuto una complessa storia climatica, forse contrassegnata da episodi climatici relativamente caldi.

Osservando attentamente le immagini Mariner e Viking, i planetologi si sono presto resi conto che la maggior parte dei vecchi crateri marziani (a differenza di quelli lunari) presenta tracce di erosione e che forme superficiali simili a colate di fango si trovano attorno a quasi tutti i crateri più giovani. Alla fine degli anni settanta, i planetologi erano giunti alla conclusione che un rilevante quantitativo di ghiaccio e acqua sia stato presente nel sottosuolo di Marte per gran parte della storia del pianeta.

Ma non tutti i crateri marziani sono circondati da colate fangose. I crateri più piccoli sono più simili ai loro analoghi lunari, con solo qualche traccia di eiezioni secche. I segni di glacialismo e le eiezioni fangose attorno ai crateri non sono il solo esempio di azione dell'acqua sulla superficie di Marte. In alcuni siti, valli sinuose della larghezza di un chilometro e della lunghezza di centinaia di chilometri formano grandi reticoli ramificati. Carl Sagan della Cornell University, Vietor R. Baker dell'Università dell'Arizona e colleghi hanno ipotizzato negli anni settanta che simili avvallamenti siano stati generati dall'erosione di corsi d'acqua. Altre valli marziane hanno un brusco inizio e brevi tributari, caratteristiche che sono tipiche di erosione iniziata per infiltrazione d'acqua nel sottosuolo e successivamente estesa al materiale sovrastante. Le immagini di Marte rivelano anche enormi canali di deflusso incisi sulla superficie. Alcune di queste strutture sono larghe oltre 200 chilometri e possono estendersi per 2000 chilometri o più. La geometria dei canali di deflusso marziani sembra indicare velocità elevatissime dei corsi d'acqua. Micheal H. Carr dello US Geological Survey stirna che la quantità d'acqua necessaria a creare questi enormi e numerosi canali sarebbe, stata sufficiente a riempire un oceano globale marziano della profondità di 500 metri, anche se non tutto questo liquido si riversò in una sola volta. Perché mai un tale accumulo sotterraneo d'acqua avrebbe dovuto inondare improvvisamente la superficie di Marte? La causa esatta non è certa, ma queste acque sotterranee potrebbero avere iniziato a fuoriuscire quando lo strato di permaftost cominciò ad assottigliarsi e indebolirsi, forse a causa di un improvviso cambiamento climatico, del vulcanismo o di un sollevamento tettonico. Forse l'impatto di una grande meteorite o un terremoto innescarono il cataclisma. Una volta che l'acqua riuscì a erompere in superficie, l'anidride carbonica di cui essa era satura potrebbe avere dato luogo a tremendi getti, quasi venisse stappata una gigantesca bottiglia di gassosa, compromettendo ulteriormente la stabilità degli strati sotterranei saturi di liquido. Il risultato fu la produzione di terreni caotici e di inondazioni e flussi di fango quali non si sarebbero mai visti sul nostro pianeta.

Alcune aree rilevate su Marte presentano estesi sistemi di valli che sfociavano in depressioni dal fondo ricoperto di sedimenti. Tali depressioni erano un tempo occupate dalle acque. Il più vasto di questi laghi marziani riempiva due giganteschi bacini da impatto, chiamati Hellas e Argyre.

Ma questi laghi potrebbero non essere stati i più vasti corpi d'acqua del pianeta.

Gruppi di ricerca guidati da David H. Scott e Kenneth L. Tanaka dello US Geological Survey e Jeffrey M. Moore dell'Ames Research Center della NASA, sono giunti indipendentemente alla conclusione che ripetute inondazioni dai canali di flusso si siano riversate verso nord, formando una successione transitoria di laghi e mari. Ma anche questo imponente corpo d'acqua potrebbe non essere stato l'esempio più cospicuo: non è da escludere che sia esistito su Marte un vero e proprio oceano. Già nel 1973 il compianto Henry Faul dell'Università della Pennsylvania aveva prospettato questa interessante possibilità, ma comprensibilmente, data la scarsità di osservazioni disponibili all'epoca, il suo articolo non fu accettato per la pubblicazione. Nello scorso decennio, però, altri ricercatori, lavorando sui dati delle missioni Viking, hanno ripreso l'idea di Faul. La maggior parte degli scienziati attualmente non nega che nelle pianure settentrionali di Marte si siano raccolti in passato vasti corpi d'acqua, molti non accettano l'idea che vi fosse un vero e proprio oceano. Alcuni immaginano che vi fosse soltanto una vasta distesa fangosa, o, per così dire, un oceano di fango.

In ogni caso, è chiaro che immense quantità d'acqua scorrevano in un lontano passato sulla superficie dei Pianeta rosso; tuttavia il destino ultimo di tutta quell'acqua rimane sconosciuto. Anche se le immagini di forme topografiche lasciate da antichi ghiacciai, valli fluviali, laghi e mari sono forti indizi del fatto che un tempo su Marte l'acqua fosse abbondante, vi sono anche altri elementi in proposito. Le misurazioni spettroscopiche effettuate da Terra rivelano la presenza di minerali argillosi. Più direttamente, i due lander che hanno toccato la superficie marziana nel corso dei programma Viking hanno analizzato il suolo riscontrandovi un 10 - 20 per cento di sali.

Le rocce marziane, come quelle terrestri, reagiscono a formare sali e minerali argillosi quando sono esposte all'azione dell'acqua. Ma tali fenomeni di alterazione chimica non possono probabilmente verificarsi nelle condizioni fredde e aride che oggi caratterizzano il pianeta.

Alcuni scienziati hanno anche potuto studiare rocce marziane trovate sulla Terra: questi rari campioni di superficie di Marte furono lanciati nello spazio dall'impatto di un asteroide o cometa e più tardi caddero sulla Terra come meteoriti. Allan H. Treiman del Lunar and Planetary Institute di Houston e James L. Gooding del Johnson Space Center della NASA hanno dimostrato molti anni fa che i minerali contenuti in alcune di queste cosiddette meteoriti SNC erano chimicamente alterati da acque salate e fredde, mentre altri presentavano tracce dell'azione di più calde soluzioni idrotermali. La loro conclusione implica che un tempo Marte avesse un clima relativamente caldo e umido, e con tutta probabilità sorgenti calde. Queste condizioni potevano essere propizie alla sussistenza di forme di vita.

Ma l'acqua non è stata la sola sostanza andata perduta. Di recente David M. Kass e Yuk L. Yung del California Institute of Technology hanno studiato l'evoluzione dell'anidride carbonica nell'atmosfera di Marte. Essi hanno scoperto che nel corso del tempo un'enorme quantità di questo gas si è dispersa nello spazio. Quel quantitativo di anidride carbonica gassosa avrebbe costituito una densa atmosfera marziana, tale da esercitare una pressione tripla di quella che si riscontra alla superficie terrestre. L'effetto serra provocato dal gas sarebbe stato sufficiente a riscaldare la superficie di Marte al di sopra del punto di fusione dell'acqua. Pertanto, anche da questa prospettiva, appare del tutto plausibile che il clima marziano fosse un tempo molto più caldo e umido di quanto non sia oggi.

Un'ipotesi chiama in causa cambiamenti dell'inclinazione dell'asse di rotazione dalla sua posizione ideale, perpendicolare al piano orbitale. Marte, come la Terra, è attualmente inclinato di circa 24 gradi, e l'inclinazione cambia regolarmente nel corso del tempo. Jihad Touma e Jack L. Wisdom del Massachusetts Institute of Technology hanno scoperto però nel 1993 che l'inclinazione dell'asse può variare all'improvviso: escursioni anche di 60 gradi possono ricorrere sporadicamente ogni 10 milioni di anni. Inoltre, l'orientazione dell'asse e la forma dell'orbita seguita da Marte cambiano entrambe ciclicamente nel corso del tempo.

Queste celesti macchinazioni, e in particolare la tendenza dell'asse di rotazione a variare in modo drastico la propria inclinazione, possono causare estremi stagionali di temperatura. Anche con un'atmosfera tenue come quella che esiste ai nostri giorni, le temperature estive alle medie e alte latitudini di Marte in periodi di grande inclinazione dell'asse avrebbero potuto salire al di sopra del punto di congelamento per diverse settimane di seguito, mentre gli inverni sarebbero stati ancora più rigidi di quanto non siano attualmente.

Ma con un sufficiente riscaldamento estivo di uno dei poli, l'atmosfera potrebbe avere subìto drastici cambiamenti. Il rilascio di gas dalle calotte polari e dalle acque ricche di anidride carbonica che impregnavano il suolo potrebbe avere ispessito l'atmosfera a sufficienza da creare un temporaneo effetto serra. Si sarebbero così create le condizioni per l'esistenza di acqua liquida in superficie e per lo svolgimento di reazioni chimiche tali da formare sali e rocce carbonatiche. Questo processo avrebbe lentamente sottratto anidride carbonica all'atmosfera, riducendo l'effetto serra. Un ritorno a un'inclinazione minore dell'asse di rotazione avrebbe potuto raffreddare ulteriormente il pianeta, e favorire precipitazioni di neve carbonica, assottigliando ancora l'atmosfera e facendo tornare Marte alle sue normali condizioni di clima estremamente rigido.

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